Il medico di famiglia e le vaccinazioni per il Covid-19

La mia esperienza nei mesi da marzo a maggio 2021

Per programmare le vaccinazioni, è stato prima necessario passare in rassegna la lista degli assistiti, ordinarli per età e fasce di rischio, con un lavoro che mi ha richiesto 2-3 giorni; poi ho cercato con il codice fiscale ciascun nominativo, passando ore sulla piattaforma online prima di ottenere una lista di persone che non risultassero già vaccinate né prenotate. Quindi le ho chiamate al telefono e ho scoperto che in realtà molte erano già prenotate (anche se la cosa non compare sulla piattaforma) e alcune anche vaccinate (non nella lista dei vaccinati perché l’aggiornamento non è in tempo reale e i canali di prenotazione si sovrappongono).

Trovate alla fine, con un lavoro di ore, quella decina di persone che potevo vaccinare, mi sono organizzato, nei giorni prefestivi e festivi, perché fare 10-11 vaccini in 6 ore (durata massima della confezione aperta), magari a domicilio, in una giornata di lavoro normale, è impensabile e la ASL non è neppure stata capace di liberarci i sabati con 2 ore di guardia medica. Ho così lavorato il sabato e il lunedì di Pasqua, il 24 e 25 aprile, il primo maggio e la domenica successiva.

E’ necessario dedicare poi qualche ora ancora alla stampa delle varie schede “accettazione” (una dozzina di pagine per ogni vaccino: siamo al limite tra il mobbing e la delinquenza burocratica).
Poi, preparando le dosi nel giorno fissato, ci si ritrova col flacone con una o due dosi in più del previsto che non si sa a chi fare. Oppure capita che tra la prima e la seconda dose un paziente anziano sia deceduto, oppure che sia temporaneamente inidoneo per un problema sopraggiunto, e avanzano una o due dosi. Così si deve trovare subito a chi farle.
La ASL ci ha richiamato a “non prendere iniziative personali“, assolutamente vietate, e rispettare tassativamente l’ordine di priorità stabilito nel piano vaccinale. In pratica questo significherebbe cercare di nuovo i codici fiscali di persone di oltre 65 anni sperando di beccarne sulla piattaforma uno o due non vaccinati né prenotati, e che possano presentarsi immediatamente. Ma non è facile trovare all’ultimo minuto, con la siringa in mano, uno che rientri rigorosamente nel piano vaccinale. E’ meglio allora vaccinare un caregiver giovane, un 50enne diabetico, o un grande obeso di 45 anni, o buttare via la dose? Quando questo succede coi richiami, si può finire per fare una prima dose usando la confezione dei richiami, e non c’è garanzia del richiamo per la dose “spaiata”. Ci siamo arrampicati sugli specchi per barattare dosi con colleghi, se possibile, altrimenti o si buttano (sono sempre riuscito ad evitarlo) o si trova qualcuno all’ultimo momento facendo un’altra mezza dozzina di telefonate.

Fatto tutto (entro 6 ore) si conclude il mobbing burocratico con la registrazione di “somministrazione” sulla piattaforma e la relativa stampa di parecchi altri fogli ed etichette “adesive” (di cui in gran parte ignoro il significato). Una intera giornata (festiva) impegnata per 11-12 vaccini, molta stanchezza e la sensazione di troppo tempo impegnato nel fare da soli il lavoro che in un punto vaccinale fanno in dieci, su persone che si sono prenotate per conto loro, anziché essere cercate e chiamate una per una, come tocca fare a noi. Poi ci si ritrova col richiamo scritto della ASL a “non prendere iniziative personali”. E’ una vita che cerco di lavorare decentemente, e ci si riesce solo grazie all’iniziativa personale, alla capacità di sopportare le arrabbiature e alla flessibilità organizzativa per tappare le innumerevoli buche del Servizio sanitario. Mi arrendo.

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